Il 10 febbraio la classe 3F ha visto il film “Sbirri” con la professoressa di scienze che ci ha fatto seguire progetti sulla prevenzione tra cui uno relativo alle droghe con la collaborazione della Guardia di Finanza. Questo film-documentario del 2008 ha avuto come regista Roberto Burchielli, e come protagonisti Raoul Bova e i poliziotti di un commissariato di Milano.
E’ la storia del giornalista Matteo Gatti, interpretato da Raoul Bova, che a seguito della morte del figlio, avvenuta per overdose, si trova ad affrontare il mondo della droga sulla sua pelle, andando a vivere coi poliziotti di un commissariato di Milano per qualche mese. Vuole infatti scovare il colpevole della morte del figlio, sapere qualcosa in più sul mondo imponente e disastroso della droga e della sua rapida espansione, che travolge tutte le classi sociali e migliaia di ragazzi sempre più giovani. Matteo scoprirà anche la vita dei poliziotti con cui convivrà, eroi normali che rischiano la loro vita quotidianamente per salvare quella degli altri.
Tante sono le tematiche affrontate nel film, non solo la droga, fenomeno sempre più attuale e drammatico, combattuto tanto quanto praticato, ma nella maggior parte dei casi ignorato. Matteo Gatti è quasi disgustato da questo mondo, crudele e purtroppo sempre più diffuso, che ogni giorno distrugge migliaia di vite e ne rovina altrettante. I problemi di coppia e familiari sono un’altra tematica del film. Il giornalista, infatti, non è mai a casa a causa del suo lavoro:questo fa sentire il figlio Marco come abbandonato,così come la moglie lasciata sola spesso; quando torna è sempre con la mente altrove, fissa sui suoi pensieri lavorativi. Matteo e Sveva, la moglie, dopo la morte di Marco affrontano un periodo di difficoltà, però vengono come riuniti dalla nascita di un nuovo figlio, che segnerà un nuovo inizio, una nuova occasione per la loro vita. I sensi di colpa del giornalista sono inoltre tanti: è stato lui a dare il permesso al figlio di andare a quella discoteca milanese, è stato lui a non esserci mai a casa per tutto quel tempo, è lui a lasciare la moglie sola a casa dopo la morte del figlio, benché sappia bene che questo comporti il rischio della fine del suo matrimonio, anche se poi con Sveva c’è il riavvicinamento. La tematica secondo me più grave è però la vita dei poliziotti, che lottano ogni giorno per salvare le nostre vite ricevendo come unica ricompensa solo i 1400 euro al mese di stipendio: quotidianamente rischiano la morte ma purtroppo vengono trattati dallo Stato come dei pezzenti.
Alla classe il film è piaciuto molto, non soltanto per la trama, che è piuttosto coinvolgente, ma per le informazioni in più che ci ha fornito sul fenomeno droga, tanto utili da metterci in guardia in ogni situazione perché il fatto che si possa morire anche per una sola pastiglia di ecstasy, come è successo al figlio del giornalista, è un rischio reale e sconvolgente.
Margherita
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