La Gioconda, nota anche come Monna Lisa, è un dipinto a olio su tavola di pioppo di Leonardo Da Vinci , databile 1503-1514 circa, è conservata nel museo del LOUVRE di Parigi.
Opera emblematica ed enigmatica, si tratta sicuramente del ritratto più celebre del mondo, nonché di una delle opere d’arte più note in assoluto; oggetto di infiniti omaggi, tributi, ma anche parodie e sberleffi. Il furto della Gioconda avvenne la notte tra domenica 20 e lunedì 21 agosto 1911, prima di un giorno di chiusura del museo. Della sottrazione ci si accorse lunedì stesso. Un copista, Louis Beroud, aveva avuto il permesso per riprodurre l’opera a porte chiuse. La notizia del furto fu ufficiale solo di martedì, anche perché all’epoca non era infrequente che le opere venissero temporaneamente rimosse per essere fotografate.
Fu Leonardo stesso a portare con sé in Francia, nel 1516, la Gioconda che potrebbe essere stata poi acquistata, assieme ad altre opere, da Francesco I , un’altra ipotesi è che fosse stata ereditata dal Salaì che la portò con sé a Milano. Alla sua morte nel 1524 un inventario di beni riporta infatti il dipinto della Gioconda, ma non si sa se fosse l’originale o una copia magari dello stesso Salaì, come quella conservata nel Museo Condé. Era la prima volta che un dipinto veniva rubato da un museo, per di più dell’importanza del Louvre, e a lungo la polizia brancolò nel buio.
In realtà un ex-impiegato del Louvre, Vincenzo Peruggia, originario di Dumenza, cittadina nei pressi di Luino, convinto che il dipinto appartenesse all’Italia e non dovesse quindi restare in Francia, lo aveva rubato, rinchiudendosi nottetempo in uno sgabuzzino e, trascorsavi la notte, uscendo dal museo a piedi con il quadro sotto il cappotto: egli stesso ne aveva montato la teca in vetro, quindi conosceva come sottrarlo. Uscì in tutta calma: chiese anche a un idraulico un aiuto per uscire dal museo la custodì per ventotto mesi e successivamente la portò nel suo paese d’origine, a Luino, con l’intenzione di regalarlo all’Italia, nel 1913 si recò a Firenze. Si rivolse all’antiquario fiorentino che ricevette una lettera firmata “Leonardo” in cui era scritto che il quadro era nelle sue mani, appartiene all’Italia perché Leonardo è Italiano.
Durante la prima e la seconda guerra mondiale il dipinto venne di nuovo rimosso dal Louvre considerata una tra le più celebri icone dell’arte tradizionale, l’immagine della Gioconda è stata spesso utilizzata dagli artisti contemporanei in funzione simbolica. Nel 1956, la parte inferiore del dipinto venne gravemente danneggiata a seguito di un attacco con dell’acido. Diversi mesi dopo qualcuno lanciò un sasso contro il dipinto: attualmente viene esposto dietro un vetro di sicurezza.
Descrizione e stile
Il ritratto mostra una donna seduta a mezza figura, girata a sinistra ma con il volto pressoché frontale. Le mani sono dolcemente adagiate in primo piano. Indossa una pesante veste scollata, secondo la moda dell’epoca, con un ricamo lungo il petto e maniche in tessuto diverso; in testa indossa un velo trasparente che tiene fermi i lunghi capelli sciolti, ricadendo poi sulla spalla dove si trova appoggiato anche un leggero drappo a mo’ di sciarpa. Il quadro di Leonardo fu uno dei primi ritratti a rappresentare il soggetto davanti a un panorama ritenuto, per di più, immaginario. Una caratteristica interessante del panorama è che non è uniforme. La parte di sinistra è evidentemente posta più in basso rispetto a quella destra. Questo fatto ha portato alcuni critici a ritenere che sia stata aggiunta successivamente.
Considerando la grande cura di Leonardo per i dettagli, molti esperti ritengono che non si tratti di uno sfondo inventato, ma rappresenti anzi un punto molto preciso della Toscana, cioè là dove l’Arno supera le campagne di Arezzo e riceve le acque della Val di Chiana. C’è un indizio preciso sulla destra della Gioconda oltre la spalla, è un ponte basso, a più arcate, cioè un ponte antico, Leonardo conosceva bene questo ponte, perché aveva studiato a fondo questa zona, come testimonia un disegno datato tra il 1502 e il 1503 che descrive il bacino idrico della Val di Chiana. La Gioconda venne dipinta su una tavola di pioppo molto sottile e col tempo il pannello è andato incurvandosi; si è inoltre aperta una fessura, ben visibile sul retro. Altri danni sono stati causati dagli attacchi vandalici, per questo oggi il dipinto è conservato dietro un vetro infrangibile a temperatura e umidità costanti. Ne consegue che il prestito dell’opera ad altri musei è un evento oggi alquanto improbabile: nel 2011 è stato negato agli Uffizi di esporla nel 2013, in occasione del centenario del ritrovamento dopo il clamoroso furto.
A cura di Claudia, Flavia, Ginevra e Laura
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