Il mare è stato spesso considerato, fin dall’antichità, come un’enorme discarica in cui buttare rifiuti e sporcizia di vario genere.
Oggi, le principali cause di inquinamento dei mari e degli oceani sono le seguenti:
le sostanze inquinanti provenienti da attività umane, scaricate nei fiumi e da questi portate al mare (sostanze organiche provenienti dagli scarichi urbani, prodotti di origine agricola come i fitofarmaci e i fertilizzanti, inquinanti degli scarichi industriali);
il petrolio rilasciato dalle petroliere o dalle piattaforme petrolifere, in seguito a incidenti o a pratiche non corrette seguite nelle fasi di pulizia dei serbatoi;
i prodotti radioattivi rilasciati durante test nucleari (che però ormai sono sospesi a livello mondiale) e nel corso del ciclo di produzione del combustibile atomico.
Ci sono poi anche altri fenomeni che contribuiscono a modificare in senso negativo l’ambiente marino:
il surriscaldamento dei mari costieri, dovuto alle acque calde provenienti dagli impianti di raffreddamento delle industrie;
lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche (si pesca troppo), che comporta l’impoverimento della popolazione dei pesci e in alcuni casi il rischio di estinzione;
lo sviluppo urbano incontrollato sulle coste e il turismo di mare, nella sua forma di fenomeno di massa incontrollato.
I mari non dovrebbero essere mai utilizzati per scopi di smaltimento e invece spesso vediamo oggetti tra i flutti e in particolare contenitori e bottiglie di vario genere. Perfino dalle barche vengono gettati vari rifiuti non biodegradabili.
L’inquinamento può essere percepibile grazie alla vista di oggetti sparsi tra le onde e/o di chiazze di sostanze nocive. A volte, invece, l’acqua è avvelenata ma questo non si percepisce guardando.
In ogni caso le conseguenze sono dannose per tutti visto che i pesci e le piante muoiono e i volatili alcune volte vengono accidentalmente ricoperti di petrolio.
Giulio Ferrara
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