Storie e Racconti

LA MONETA MISTERIOSA – Concorso Nazionale Scrittori di Classe 2014/15

22 Gen 2015

Concorso Nazionale Scrittori di Classe a.s. 2014-2015

LA MONETA MISTERIOSA

Edoardo Foster si era trasferito in una piccola casa, ai confini col bosco, solo e silenzioso. Fiamma lo aveva osservato bene quel signore, le poche volte che lui usciva fuori a dipingere: non era molto alto o meglio portava i calzoni di almeno una taglia in più, facendolo assomigliare ad un folletto; al collo una sciarpina scendeva sulla camicia bianca con chiazze di mille colori dei suoi pennelli e i suoi capelli bianchi erano raccolti in un codino scompigliato. Fiamma e Martino sbirciavano tra i cespugli bassi e orientavano il capo da sinistra a destra seguendo i passi del pittore, che all’interno dell’abitazione camminava e si fermava, ripartiva su per le scale e scendeva precipitosamente, quasi a voler ingannare la vista dei due piccoli spettatori.
Fu proprio con questo gioco di nascondigli e improvvise apparizioni che il pittore si accorse dei due ragazzi. Una domenica mattina, nel loro solito appostamento Fiamma e Martino inseguendolo con gli occhi, lo persero di vista per cinque interminabili minuti. Quell’uomo era davvero misterioso e mentre stavano per rientrare sconsolati a casa si voltarono col viso chino a terra e…accidenti!! Il pittore si materializzò davanti ai loro nasi che inciamparono sul suo camice imbrattato di colori ad acquerelli.
“Buongiorno signore!”, disse Martino, un po’ imbarazzato e rosso come il fuoco.
Povero Martino: si era sempre rifiutato di seguire le idee strampalate di Fiamma ma, timido com’era, non era mai riuscito a farle cambiare idea, al contrario era lui costretto a cambiarla! Se Fiamma si metteva una cosa in testa, non c’era nulla da fare: era quella e basta!
Edoardo li fissava con occhi malinconici e non diceva nulla. Poi voltò loro le spalle e tornò verso casa, dove sistemò il cavalletto e la tavolozza di colori. I due bambini, in uno stato tra l’impaurito e l’emozionato, tirarono un sospiro di sollievo, visto che non erano stati sgridati da quell’uomo che tanto li incuriosiva. Martino però si armò di coraggio e…
“Sei proprio una matta!!Te lo dicevo che prima o poi ci avrebbe sorpresi!Che rischio che ho corso…non ti seguirò mai più!!Promesso!”
Fiamma accennò un mezzo sorriso, perché sapeva dentro di sé che entro la fine del tragitto verso casa, Martino l’avrebbe perdonata. E poi Martino l’aveva seguita senza fare storie, quindi lei non si sentiva affatto in colpa!
Fiamma era una ragazzina dalle mille risorse: le piaceva catturare piccoli animaletti e tenerli in vasetti in soffitta, per poi ingegnare scherzetti terrificanti destinati alle sue amichette schizzinose e piagnucolone di classe! Non si trovava proprio in mezzo a loro..era un vero maschiaccio! Martino era il suo unico e migliore amico da sempre.
Tornando a casa percorsero con le loro bici la strada principale; all’improvviso un camioncino proveniente dalla parte opposta iniziò a suonare il clacson all’impazzata, e in men che non si dica Fiamma e Martino, distratti da quel frastuono, si ritrovarono a terra. I due bambini ripresero le loro bici e, guardandosi negli occhi, avevano già deciso di seguirlo. Il camioncino bianco si fermò proprio davanti alla porta di casa del pittore. Scese un uomo con il camice bianco e suonò al campanello, senza avere alcuna risposta. “Eppure Edoardo doveva essere in casa”, pensava Fiamma; “l’abbiamo visto fuori dipingere”.
In effetti il cavalletto e i colori erano sempre là ma la tela non c’era più. Martino ebbe la sua prima idea geniale della giornata e, anche se ancora risentito, la comunicò alla sua amica.
“Perché non seguiamo il sentiero dentro il bosco per tornare a casa?”
Fiamma annuì ma questa volta non aveva ben capito cosa volesse fare Martino e questo le piaceva ancora di più. Ad un tratto, proprio davanti a loro, nel bosco, videro un uomo di spalle che parlava con qualcun altro: era il pittore! Lo sconosciuto indossava un mantello nero e lungo e uno strano cappello a cilindro, mentre un bastone lo sorreggeva. Il pittore sembrava intimidito e quasi tremante si piegò sulle ginocchia consegnando allo sconosciuto una tela arrotolata. Quando l’uomo misterioso andò via, i due bambini si avvicinarono al pittore e lo salutarono, chiedendogli se avesse bisogno di qualcosa.
“Bambini, tenete questa; conservatela con cautela per stanotte e domani venite a casa mia a riconsegnarmela”, disse con esitazione Edoardo, tirando fuori dalla tasca una moneta smaltata d’oro. Fiamma era eccitata all’idea di essere coinvolta in qualcosa di davvero misterioso e non vedeva l’ora di tornare a casa per esaminare con la sua speciale lente quella particolare moneta, tutta frastagliata come una chiave. Martino però era stato il prescelto visto che il pittore l’aveva consegnata nelle sue mani, e Fiamma non ebbe neanche un briciolo di coraggio nel costringere con i suoi bruschi modi Martino a cedergliela.
Il mattino seguente, all’uscita da scuola, Martino e Fiamma tornarono alla casa del pittore con l’intenzione di lasciare la moneta e scappare via, visto che le loro paure erano aumentate. Tutta la notte Martino non aveva chiuso occhio, con quella moneta ben stretta in una mano, sotto il cuscino e il pensiero del camioncino bianco con la scritta Manutenzione Caldaie, che non lo convinceva per nulla.
Mentre però percorreva il tragitto, nel tentativo di evitare una buca, la moneta scivolò dalla sua mano e nel seguirla con gli occhi per correre a recuperarla, cascò dalla mountain bike, picchiando rovinosamente sul ginocchio destro. Povero Martino! Che figura avrebbe fatto con l’ometto che si era fidato di lui?
Martino non si perse d’animo e si apprestò a recuperare la moneta, e trascinando la bici (e il ginocchio sanguinante!) arrivò dal pittore.
Sul posto c’erano due auto della polizia e l’uscio spalancato. La curiosità li stava divorando; avrebbero fatto di tutto pur di entrare in casa e vedere cosa fosse successo. Alcune persone parlottavano in strada e i due ragazzi riuscirono a capire due sole parole che risuonarono poi per tutto il giorno nelle loro teste: “E’ morto!” Martino si levò gli occhiali e quasi come se stesse per piangere, li scagliò per terra. Fiamma restò sbalordita davanti a quel gesto e senza paura tirò dalla camicia Martino fino alla porta di ingresso della casa.
“Siamo i nipotini!”, disse Fiamma al poliziotto che aveva sbarrato loro il passaggio.
“Siamo usciti da scuola e siamo venuti a trovare il nonno”.
Mentre Fiamma inventava tutta la faccenda, Martino guardava furtivamente a destra e a sinistra, temendo di svenire da quanto i suoi occhi andavano veloci.
“Ma non lo vedi che sei ferito! Cosa ti è successo?”, chiese un poliziotto a Martino, che solo a quel punto si preoccupò di dover nascondere la moneta. “Eh sì, son caduto dalla bici; avrei proprio bisogno di un cerotto”. Il poliziotto gli porse un fazzoletto, in cui Martino nascose la moneta, appoggiandola sulla ferita. Quando riuscì a restare da solo, tirò fuori la moneta e, conoscendone ormai a memoria ogni pezzettino, iniziò a girare per casa alla ricerca di quel baule raffigurato su di essa.
All’improvviso Martino capì: non era stato il cattivo funzionamento della caldaia a uccidere Edoardo e non dovevano cercare nulla in casa. I bambini andarono nel punto preciso del bosco, dove il giorno prima avevano visto il pittore e l’uomo misterioso; lì avrebbero trovato la soluzione.
Nessuno dei due piccoli investigatori aveva notato l’enorme fosso scoperto. I poliziotti scavarono un bel po’ e finalmente uscì fuori il baule. Martino emozionato introdusse la moneta nell’unica fessura che trovò e all’improvviso la cassa si aprì. All’interno vi erano due tele arrotolate e nel tirarle fuori una forte luce li inondò: gioielli e pietre preziose!
“So chi è stato ad uccidere il pittore!”, urlò Fiamma. “L’antiquario che ha il negozio nella piazza principale!”
I poliziotti trovarono l’uomo che corrispondeva alla descrizione e la tela firmata Van Gogh! Martino poté tenere la moneta e Fiamma una pietra preziosa: non avrebbero mai dimenticato così il loro amico pittore.

Classe IV A
Scuola primaria Giulio Bechi


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