Durante l’estate la professoressa ci ha fatto leggere il libro “La fuga” (ed. Il Castoro), una raccolta di racconti di autori vari, tutti incentrati sull’argomento della fuga, ma interpretato in modi diversi. In alcuni racconti la storia riferisce di fughe concrete, in altri di fughe metaforiche, da paure o da se stessi o da idee.
All’inizio della scuola abbiamo parlato del libro in classe, proprio nel periodo in cui stavamo cominciando a riflettere sulle tematiche di Legalità e Giustizia. Abbiamo scoperto, quindi, che alcuni racconti avevano molto a che vedere con queste tematiche.
Ci siamo soffermati in particolare su due racconti: “Il più stupido erbivoro del mondo”, di Cristiano Cavina, e “La cosa giusta”, di Fabio Geda.
Trama e riflessione sul primo racconto
Il primo racconto presenta un gruppo di amici che sembrano appartenere a famiglie piuttosto disagiate, abituati a passare il tempo fuori, lungo un fiume, dove hanno stabilito il loro rifugio e il loro punto di ritrovo. Il protagonista della storia appartiene a questo gruppo. Nel paese, però, ci sono altri gruppi di ragazzi, in particolare quello del “Galera” che, con la sua di bulli, incute timore a tutti.
Una sera di luglio come tante altre, il protagonista e gli amici erano al solito posto e sentirono gridare. Il protagonista, seguito prudentemente da un altro, si avvicinò al luogo da cui proveniva la voce, e vide Galera che stava importunando pesantemente Ginetta, la ragazza più bella della scuola, desiderata da tutti. Quella che appare ai suoi occhi è una scena di violenza, che accende immediatamente in lui il bisogno di bloccare, interrompere, negare ciò che sente profondamente ingiusto. Il compagno che lo aveva seguito si tenne a distanza e poi se ne andò, lui invece, senza pensare troppo, agì: prese un sasso e lo lanciò addosso a Galera. Poi iniziò a correre e venne ovviamente inseguito dal bullo…
Il racconto non finisce qui … e non vogliamo spoilerare tutto, nel caso a qualcuno venisse voglia di leggerlo. Ma possiamo garantire che finisce bene.
Quello che ci interessa mettere in evidenza è che il protagonista agisce spinto da qualcosa che sente dentro con forza: non è indotto ad agire da un ordine esterno, ma da un comando interno, personale: il proprio senso di giustizia. Forte di questo agisce, senza pensare alle conseguenze e alla sua convenienza. Anzi, mettendosi a rischio.
Abbiamo riflettuto: il senso di giustizia non ha corpo ed è immateriale, ma può avere la forza propulsiva di un motore. Sta dentro … l’essere umano lo possiede, ma deve anche coltivarlo. Mantenendo sveglia la propria coscienza e la propria sensibilità.
Trama e riflessione sul secondo racconto
Il secondo racconto narra la vicenda di un ragazzo di nome Andrea, che si trova nella situazione di dover decidere se fare o no “la cosa giusta”. Tutto era cominciato due giorni prima, a teatro, la sera della rappresentazione a conclusione del laboratorio scolastico. Era andato in bagno ed aveva visto Macro, un compagno di scuola affetto da un ritardo, davanti ad un grande acquario in un foyer laterale. Inoltre aveva visto che lì vicino, fuori da una porta di servizio, c’era un gruppo di ragazzi, altri compagni di scuola, che stavano fumando marijuana. Poi, dal bagno, sentì un rumore fortissimo di vetri infranti, uscì e vide il gruppetto che fuggiva ridendo. Macro era fermo, invece, davanti all’acquario distrutto e con una spranga di ferro in mano. Il giorno dopo, Reza, il capo del gruppetto dei “fumatori”, aveva avvicinato Andrea per rivolgergli parole di chiaro contenuto minatorio, per intimargli il silenzio.
L’unico che sapeva come erano andate davvero le cose era Andrea. Sarà capace di far prevalere il suo senso di giustizia e di testimoniare la verità discolpando Macro, incapace di difendersi da solo, e indicando i veri colpevoli?
Purtroppo la risposta è no … stavolta dobbiamo spoilerare. In questo racconto il senso di giustizia non trionfa. Andrea, infatti, non vuole ascoltarlo. Per lui sono più importanti le sue comodità, il suo interesse, il suo bisogno di starsene tranquillo senza rischi e complicazioni. Andrea pensa eccome alle conseguenze e, trovandosi in difficoltà, dice una bugia. Pensa solo a se stesso e non al suo amico, non trova la forza per “controbattere”.
Peccato.
Duccio G., Francesco L., Giovanni T., Pietro V., Tommaso V.
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