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LEELAH ALCORN

25 Feb 2020

Ciao a tutti, oggi ho deciso di raccontarvi questa storia che mi ha colpito molto.
Si tratta della storia di Leelah Alcorn, una ragazza statunitense che si suicidò a causa del suo orientamento sessuale e a causa delle continue oppressioni da parte della sua famiglia. Prima era un maschio e si chiamava Joshua Ryan Alcorn.
Prima di commettere il suicidio lasciò una lettera (ovvero la seguente) in cui spiegava perchè lo ha fatto.

LA VITA DI LEELAH
Leelah Alcorn nacque nel 1997 con il nome di Joshua Ryan. Crebbe in un ambiente cristiano molto rigoroso. La famiglia apparteneva alla Chiesa di Cristo di Cincinnati e partecipava assiduamente alle funzioni. All’età di 14 anni fece coming out come trans davanti ai suoi genitori, Carla e Doug Alcorn, che però rifiutarono di accettare il suo orientamento sessuale e al compimento dei 16 anni, gli negarono anche la possibilità di sottoporsi al trattamento di transizione. Dopo aver rivelato ai suoi compagni di classe la propria attrazione verso i maschi, i genitori la rimossero dalla scuola e gli impedirono per cinque mesi l’accesso al proprio telefono cellulare, ai social media e a Internet. Nella sua lettera di suicidio, Leelah cita la solitudine, l’incomprensione, e la mancanza di speranza come le ragioni principali per la decisione di porre fine alla sua vita e indica i genitori come responsabili per aver generato in lei tali sentimenti. Alcorn si è suicidata gettandosi sotto un camion sull’Interstate 71, una strada che si trova a pochi chilometri di distanza dalla propria abitazione.
LA SUA MORTE:
La morte di Leelah Alcorn è avvenuta nella notte del 28 dicembre 2014. Secondo il ministro della Chiesa della famiglia, gli Alcorn decisero di tenere il funerale privato dopo aver ricevuto gravi minacce. Il corpo di Leelah venne sottoposto a cremazione.

LA LETTERA
“Se state leggendo questo messaggio, vuol dire che mi sono suicidata e quindi non sono riuscita a cancellare questo post programmato. Per favore, non siate tristi, è meglio così. La vita che avrei vissuto non sarebbe stata degna di essere vissuta… Perchè sono transessuale. Potrei entrare nei dettagli per spiegare perchè lo penso ma questa lettera sarà già abbastanza lunga così. Per farla semplice, mi sento una ragazza intrappolata nel corpo di un ragazzo da quando avevo quattro anni. Per molto tempo non ho saputo dell’esistenza di una parola per definire questa sensazione, nè che fosse possibile per un ragazzo diventare una ragazza, così non l’ho detto a nessuno e ho semplicemente continuato a fare cose convenzionalmente da maschi per cercarmi di adattarmi. Quando avevo 14 anni ho imparato cosa volesse dire la parola “transessuale” e ho pianto di gioia. Dopo dieci anni di confusione avevo finalmente capito chi ero. L’ho detto subito a mia mamma e lei ha reagito molto negativamente, dicendomi che era una fase, che non sarei mai stato davvero una ragazza, che Dio non fa errori e che ero io ad essere sbagliata. Se state leggendo questa lettera: cari genitori, non dite mai così ai vostri figli. Anche se siete cristiani o siete contro i transessuali, non dite mai questa cosa ai vostri figli. Non otterrete niente a parte far sì che odino se stessi. E’ esattamente quello che è successo a me. Mia mamma ha iniziato a portarmi da terapisti ma solo da terapisti cristiani, tutti con molti pregiudizi, quindi non ho mai avuto le cure di cui avrei avuto bisogno per la mia depressione. Ho solo ottenuto che altri cristiani mi dicessero che sono egoista e sbagliata e che avrei dovuto cercare l’aiuto di Dio.
Quando avevo 16 anni mi sono resa conto che i miei genitori non mi avrebbero mai aiutata e che avrei dovuto aspettare di compiere 18 anni per iniziare qualsiasi terapia e intervento di transizione, cosa che mi ha davvero spezzato il cuore. Più aspetti, più è difficile. Mi sono sentita senza speranze, sicura che avrei passato il resto della mia vita con le sembianze di un uomo. Quando ho compiuto 16 anni e ho capito che i miei genitori non avrebbero dato il loro consenso per farmi iniziare la transizione, ho pianto finchè non mi sono addormentata. Ho sviluppato nel tempo una specie di atteggiamento “vaff***ulo” verso i miei genitori e ho fatto coming out come gay a scuola, pensando che forse sarebbe stato più facile così un giorno dire che in realtà sono transessuale. Per quanto la reazione dei miei amici sia stata buona, i miei genitori si sono arrabbiati. Hanno pensato che volessi compromettere la loro immagine e che li stessi mettendo in imbarazzo. Volevano che fossi il classico piccolo perfetto ragazzo cristiano e ovviamente non era quello che volevo io. Quindi mi hanno tirato via dalla scuola pubblica, mi hanno sequestrato il computer, lo smartphone e mi hanno impedito di frequentare qualsiasi social network, isolandomi così completamente dai miei amici. Questa è stata probabilmente la parte della mia vita in cui sono stata più depressa, e sono ancora stupita di non essermi uccisa già allora. Sono stata completamente sola per cinque mesi. Nessun amico, nessun sostegno, nessun amore. Solo la delusione dei miei genitori e la crudeltà della solitudine. Alla fine dell’anno scolastico i miei genitori finalmente mi hanno restituito lo smartphone e mi hanno permesso di tornare sui social network. Ero felicissima, finalmente potevo riavere indietro i miei amici.
Ma solo all’inizio. Alla fine mi sono resa conto che anche a loro non importava molto di me, e mi sono sentita persino più sola di quanto fossi prima. Piacevo agli unici amici che pensavo di avere per il solo motivo che mi vedevano per cinque giorni ogni settimana. Dopo un’estate praticamente senza amici unita al peso di dover pensare al college, di risparmiare per quando avrei lasciato la casa, di tenere i voti alti, di andare in chiesa ogni settimana. Mi chiesi perchè tutti sono contrari a quello che sono, ho deciso che ne ho abbastanza. Non comincerò mai nessuna transazione, nemmeno quando andrò via di casa. Non sarò mai felice con me stessa, col modo in cui appaio e con la voce che ho. Non avrò mai abbastanza amici da esserne soddisfatta. Non troverò mai un uomo che mi ami. Non sarò mai felice. Potrò vivere il resto della mia vita come un uomo solo che desidera essere una donna oppure come una donna ancora più sola che odia se stessa. Non c’è via d’ uscita. Non c’è modo di averla vinta. Sono già abbastanza triste, non ho bisogno di una vita peggiore di così. La gente dice che “le cose cambiano” ma nel mio caso non è vero. Le cose peggiorano. Le cose peggiorano ogni giorno. Questo è il succo, questo è il motivo per cui mi sento di uccidermi. Mi dispiace se per voi non sarà abbastanza una buona ragione, lo è per me. Per quel che riguarda le mie volontà, voglio che il 100% delle cose che possiedo sia venduto e che il denaro (più i soldi che ho da parte in banca) siano donati a un movimento per il sostegno e per i diritti delle persone transessuali, non importa quale. L’unico momento in cui riposerò in pace arriverà quando le persone transessuali non saranno più trattate come sono stata trattata io: quando saranno trattate da esseri umani, con sentimenti validi, sinceri e legittimi e con dei diritti umani. Le questioni di genere devono essere insegnate a scuola, prima è, meglio è. La mia morte deve significare qualcosa. La mia morte deve essere contata tra quelle dei transessuali che si sono suicidati quest’anno. Voglio che qualcuno guardi quel numero e dica “questa cosa è assurda” e si occupi di sistemarla. Sistemate la società. Per favore. Addio”

A cura di Esposito P.


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