Prima tappa: Il Bargello
Questo articolo vuole essere un invito a visitare uno dei tanti musei della nostra città. È la sintesi della prima tappa prevista dal progetto “Il Mitologico Mondo degli Dei”, presentato dall’Associazione Culturale Artemide all’interno delle “Chiavi della città”. La seconda tappa ci porterà al giardino di Boboli, ma questa è un’altra storia…..
Il 19 gennaio 2017 siamo andati al museo del Bargello di Firenze. È un palazzo molto grande che ospita tantissimi capolavori ma noi avevamo la nostra missione: dovevamo compiere la prima tappa del nostro viaggio alla scoperta degli dei dell’Olimpo. Arrivati in via del Proconsolo siamo entrati al museo dove ci attendeva la nostra guida Lavinia che ci ha raccontato la storia del palazzo: nel 1200 a Firenze governavano i Podestà che risiedevano nel Bargello, non dovevano essere fiorentini e rimanevano in carica solo 6 mesi. Successivamente, con l’avvento dei Medici, il palazzo divenne la prigione al comando del capo della polizia, il Bargello, da cui il nome dell’edificio. Le uniche tracce del passaggio dei Podestà sono gli stemmi delle loro famiglie che ancora oggi campeggiano nella corte del palazzo. Nell’Ottocento il Bargello venne trasformato nel museo che oggi conosciamo.
Appena entrati nel cortile abbiamo incontrato Era, la moglie di Zeus. La grande statua ha un arco: sopra siede Era in compagnia di due pavoni (il suo attributo), sotto ci sono, Ade (Plutone), Cerere e sua figlia Proserpina.
Questa è la loro storia:
PERCHÉ I PAVONI HANNO “GLI OCCHI” SULLE PIUME
Era, molto gelosa, chiese a suo marito una prova d’amore. Zeus trasformò la bella Io in una pianta per dimostrare il suo amore. Era però non si fidava, così mise a guardia della pianta Argo, il suo amico gigante con 1000 occhi. Ma Zeus voleva vedere Io così chiese a Mercurio (il messaggero) di suonare la sua lira. Al melodioso suono dello strumento Argo si addormentò e Zeus lo uccise. Era, disperata per la perdita del suo amico, decise di porre i suoi mille occhi sulle code dei pavoni.
PERCHÉ ESISTONO LE STAGIONI
Cerere, dea dell’agricoltura, aveva una figlia di nome Proserpina.Un giorno, mentre questa raccoglieva fiori, Ade la vide e si innamorò perdutamente di lei, così la rapì per portarla nell’oltretomba e farne sua moglie. Cerere aspettava il suo ritorno e quando capì che non sarebbe più tornata, andò a cercarla ovunque. Il Sole ebbe pietà di lei e le raccontò tutto. Cerere chiese aiuto agli dei ma non ottenne risposta così abbandonò il suo lavoro: i campi e la vegetazione tutta seccavano e gli uomini e gli animali morivano. A questo punto intervenne Zeus che ebbe pietà degli uomini e mandò Ermes da Ade con il messaggio di lascare libera Proserpina. Prima di lasciarla libera Ade le diede dei chicchi di melagrana magica: chi li avesse mangiati avrebbe avuto nostalgia e desiderio di tornare. Proserpina tornò dalla madre Cerere, ma dopo poco tempo, avendo mangiato i chicchi, ebbe voglia di tornare da Ade. Così Zeus decise che Proserpina sarebbe stata parte dell’anno con la madre e parte con il marito Ade. Nei mesi in cui stava con lei, Cerere era felice e queste sono le belle stagioni; nei mesi in cui Proserpina era lontana, la madre invece diventava triste, ed ecco spiegati l’autunno e l’inverno.
COME SONO NATI I DELFINI
Poi abbiamo incontrato Dioniso (Bacco) nella statua realizzata dal giovane Michelangelo. Bacco non viveva sull’Olimpo, fino ad un episodio della sua vita: un giorno venne rapito dai pirati e legato all’albero maestro della nave. Il dio del vino allora dimostrò tutti i suoi poteri: trasformò la corda che lo legava in tenero vitigno, lui stesso in un leone e riempì la nave di vino facendola affondare. I pirati per salvarsi si buttarono in mare trasformandosi all’istante in delfini. Ecco perché Bacco è sempre raffigurato con tralci d’uva, bicchiere di vino, pelle di leone e naturalmente il fido fauno per sorreggerlo quando beve troppo… E da quel giorno anch’egli è stato accolto sull’Olimpo.
IL CADUCEO
Non lontano da Bacco, Ermes (Mercurio) ci osservava con le sue ali ai sandali e sull’elmo…. Il messaggero degli dei aveva la capacità di realizzare tutto ciò che voleva. Un esempio della sua pervicacia è l’episodio del furto della mandria di buoi. Il nostro rubò la mandria ad Apollo, dio della musica e del sole. Ermes sapeva che Apollo avrebbe sospettato di lui, sapeva anche quanto egli amasse la musica. Costruì allora uno strumento musicale: la lira e quando Apollo si presentò cercando di riavere le sue bestie, rimase incantato da quella musica celestiale. Ermes capì allora che il suo scopo era stato raggiunto e propose lo scambio: la lira in cambio della mandria: Apollo accettò entusiasta. Ermes aveva anche un’altra dote: era capace di portare armonia ovunque. Un giorno andò a fare una passeggiata in montagna e per aiutarsi a camminare portò con sé un bastone. Mentre camminava vide due serpenti che litigavano così mise fra loro il bastone. I serpenti smisero di litigare e rimasero per sempre sul bastone.
PERSEO, IL PIEDISTALLO E I CAPRICORNI
Il viaggio prosegue e ci siamo fermati ad osservare due piccole statue quasi uguali: sono i bozzetti del Perseo che Benvenuto Cellini realizzò prima di fare ‘la bella’ di piazza della Signoria che è sostenuta da un bellissimo
piedistallo di marmo il cui originale è proprio qui al Bargello e ci racconta la storia di Perseo: era un semidio, figlio di Zeus e Danae. Un giorno Atena, dea della guerra e della sapienza, diede al giovane il suo scudo riflettente, mentre Mercurio gli donò il suo elmetto ed i suoi sandali alati. Così Perseo potè affrontare Medusa e i suoi serpenti pietrificanti e la decapitò…
Il piedistallo raffigura Atena, Danae e Zeus ed è sormontato da teste di capricorno: sono il simbolo di Cosimo primo de’ Medici, perché proprio nel segno del capricorno a Firenze iniziava il suo governo. Se girando per le strade di Firenze incontrate qualche capricorno, questo è il motivo.
ATTEONE: ATTENZIONE, VIETATO TUFFARSI
La nostra avventura prosegue davanti ad un piccolo, incantevole, bassorilievo in marmo che riproduce l’attimo in cui il povero Atteone sta per diventare un cervo, condannato a vita ad essere inseguito dai suoi stessi cani. Il fatto è che l’ignaro giovane cacciatore decise di bagnarsi proprio nello stesso laghetto in cui stava facendo il bagno nuda la dea Artemide (Diana). Scandalo, sacrilegio… punizione! Artemide schizzò con l’acqua Atteone che iniziò così la sua trasformazione.
GIACINTO: ATTENZIONE AL VENTO GELOSO
Molto affranti per la triste sorte del povero Atteone, incontriamo un’altra trasformazione scolpita da Cellini. La statua riproduce Apollo con il suo grande amico mortale Giacinto. I due trascorrevano molto tempo insieme, ma Giacinto era un umano e gli dei erano preoccupati che a causa sua Apollo potesse dimenticare i suoi impegni da dio. Fu così che un giorno, mentre giocavano al lancio del disco, il dio del vento Eolo fece quello che gli riusciva meglio: alzò un grande vento che deviò la traiettoria del pesante disco il quale finì sul naso del malcapitato Giacinto. Alla vista di tutto quel sangue, Apollo decise di porre fine alle sue sofferenze, trasformandolo nel magnifico fiore.
NARCISO: ATTENZIONE ALLA VANITÀ
Ancora scossi per la triste sorte di Giacinto, abbiamo volto lo sguardo verso un’altra statua, ignari del fatto che racchiudesse altre due tragedie: quella della povera Eco e quella del vanitoso Narciso.
Narciso era molto bello ma anche molto vanitoso. Eco era una ninfa resa muta da Era, gelosa di lei. Un giorno Eco vide Narciso mentre camminava in un bosco e se ne innamorò subito. Non potendogli parlare decise di seguirlo. Quando Narciso si accorse della sua presenza, Eco provò ad abbracciarlo, ma lui la respinse malamente. Gli dei, per punirlo, misero una pozza d’acqua limpida davanti a lui. Narciso si specchiò nella pozza e a causa della sua vanità si sporse troppo per guardarsi e cadde trasformandosi nel fiore. Ogni volta che in montagna chiamate Eco, potete sentire ancora i suoi infiniti lamenti di disperato amore per essere stata respinta.
GIASONE
La nostra prima tappa alla ricerca degli dei dell’Olimpo stava terminando e avevamo assistito quasi solo a drammi e punizioni ma proprio prima di lasciare il Bargello ci siamo imbattuti in una grande statua: un giovane si erge in tutta la sua forza tenendo in mano una pelle di ariete dorata; ai suoi piedi giace un drago.
Troppo piccolo per governare, alla morte del padre prese il comando lo zio. Una volta grande, per poter governare doveva prendere il vello d’oro: questo era il comando dello zio, il quale era convinto di poter continuare a governare perchè Giasone non sarebbe riuscito nell’impresa. Ma con l’aiuto della maga Medea il nostro eroe, al comando dei 50 argonauti, prese il vello d’oro e uccise il drago che lo custodiva. Così potè governare e sposare Medea.
La prima tappa del nostro viaggio alla ricerca degli dei dell’Olimpo termina qui. Ringraziamo Lavinia dell’Associazione Culturale Artemide per averci fatto scoprire questo palazzo e i tesori in esso custoditi.
Arrivederci alla prossima tappa del viaggio……
I bambini e le bambine della classi 5A e 5B della scuola Primaria Rossini di Firenze
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