Avete presente tutti quei bei progetti che si fanno per le vacanze natalizie?
Ecco, io ne avevo parecchi, ma purtroppo non li ho potuti realizzare, poiché io e la mia famiglia ci siamo ammalati di Covid-19.
Ma fortunatamente, prima di ammalarmi, ho fatto in tempo ad andare su quella favolosa ruota panoramica, da cui non riesci a distogliere lo sguardo quando passi nelle vicinanze.
Ci sono salita ben due volte: la prima sul tardo pomeriggio, la seconda intorno a mezzogiorno. Di sera c’era una fila chilometrica, ma nonostante la sua lunghezza incredibile, essa era a dir poco veloce, neanche il tempo di fare un passo che si scorreva un altro po’; e più che si andava avanti e più che la mia eccitazione saliva.
Fino a che… ecco il mio turno!
Quando finalmente montai in quella cabina, ebbi una paura mista a euforia pazzesca, iniziai a pensare che le scene dei film in cui le ruote si staccano e cominciano a rotolare e rotolare via, non fossero solo frutto dell’immaginazione, anche se in fondo sapevo che era così!
Mi feci coraggio ed entrai. Mi sedetti, e la ruota incominciò a girare, ma passato qualche minuto si fermava, e si doveva godere di quel momento per scattare tante, ma tante foto.
Fatti i nostri tre giri arrivò anche il triste momento di scendere, e devo dire che un po’ mi dispiaceva.
Ma ora passiamo alla seconda volta: era mattina e passai davanti alla ruota, così non persi occasione per tornarci sopra.
Notai subito che qualcosa mancava all’appello e ciò che non c’era, era proprio la coda; essa infatti era assente, (un altro punto a favore per salirci). Così, in men che non si dica, mi trovavo già in cima. Anche quel giorno scattai un mucchio di foto e, tra uno scatto e l’altro, notai che eravamo già al terzo giro. Non mi preoccupai anche perché sentii una signora chiedere ad un ragazzo che lavorava lì: “Quanti giri si fanno? “egli le mostrò la mano che indicava il numero tre. Così mi tranquillizzai e capii che dopo quel giro saremmo dovute scendere. Passò un giro, il giro dopo e quello dopo ancora, ma la ruota non si fermava.
Fino a quando, dopo i sei giri più infernali trascorsi a pensare al perché la ruota non si fermasse, ecco che rallentò. E finalmente ecco che dovevamo scendere.
A differenza della volta precedente, quel giorno ero molto, ma molto contenta di aver concluso quegli interminabili e benedetti giri, passati perlopiù ansimante di scendere e riappoggiare i piedi a terra.
E una volta giù non riuscii a togliermi dalla testa questa continua domanda che mi tormentava: ”E se quel signore che si trova all’interno di quella cabina di controllo si fosse addormentato sui comandi e qualcuno l’avesse poi risvegliato?”.
So che questa ipotesi è quasi inverosimile, ma se così fosse ringrazio colui o colei che l’ha svegliato… GRAZIE!
A cura di Emma
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