L’inquinamento ambientale è un problema molto serio e mi sta a cuore perché riguarda il futuro di tutti, soprattutto di noi giovani. Oggi rappresenta la principale minaccia per la sopravvivenza dell’intera civiltà umana.
Dobbiamo imparare ad amare e rispettare la natura. Io, nel mio piccolo, cerco di fare piccole cose ma che, se fatte da tutti, possono aiutare il nostro pianeta come ad esempio fare la raccolta differenziata, non gettare i rifiuti per strada e in mare, spengere la luce quando non serve, evitare di usare la macchina per brevi tragitti, chiudere il rubinetto dell’acqua mentre mi lavo i denti o mi insapono e non usare sacchetti di plastica soprattutto quando si va a fare la spesa.
Ecco, la plastica è l’argomento su cui mi voglio soffermare perché rappresenta uno degli oggetti più inquinanti dei nostri giorni.
La dispersione e l’accumulo di prodotti plastici nell’ambiente, infatti, causano problemi all’habitat di fauna e flora selvatica. Tale tipo di inquinamento interessa l’aria, il suolo, i fiumi, i laghi e gli oceani.
L’importanza e la rilevanza di questo tipo d’inquinamento derivano dall’economicità della plastica e dalla sua alta durabilità nel tempo e quindi alla produzione di grandissimi quantitativi della stessa per i più svariati utilizzi.
Originariamente, i sacchetti di plastica dovevano essere amici del pianeta ma il loro inventore non poteva immaginare di aver innescato la più grande crisi d’inquinamento degli oceani.
Simbolo della tragica impronta dell’uomo sulla terra, il sacchetto di plastica è considerato tra le cause principali del cambiamento climatico.
Eppure, a sentire la famiglia del suo inventore, il fine era esattamente l’opposto.
Il progetto dell’ingegnere svedese Sten Gustaf Thulin era infatti quello di salvare l’ambiente: da qui l’idea di produrre, oltre 50 anni fa, un sacchetto di plastica da riutilizzare all’infinito per scongiurare una produzione a catena di rifiuti. Per l’inventore dei sacchetti di plastica, l’idea che le persone potessero cestinarli, dopo il primo utilizzo, sarebbe stata inconcepibile.
Negli anni 50 l’ingegnere svedese stava sviluppando un metodo per creare sacchi di polietilene in un unico pezzo per l’azienda d’imballaggi svedese Celloplast, la stessa che nel 1965 brevettò l’idea.
L’intenzione di Sten Gustaf Thulin era di dare vita a un prodotto accessibile a tutti e soprattutto in grado di avere un impatto positivo sul pianeta perché, fino a quel momento, i supermercati usavano sacchi di carta che richiedevano l’abbattimento continuo di milioni di alberi. Proprio per questo Thulin pensò di produrre una borsa diversa: economica, leggera e resistente da riutilizzare più volte e, se possibile, all’infinito.
L’invenzione di Thulin si è rilevata così conveniente ed economica da generare un grave problema d’inquinamento.
Attualmente i rifiuti di plastica stanno devastando gli ecosistemi marini. Si stima che una percentuale tra il 70% e il 90% dei prodotti che soffocano le spiagge di tutto il mondo sia costituita proprio dal derivato del petrolio. Un caso ancora più drammaticamente eclatante è quello dell’isola di plastica, che galleggia nella parte settentrionale dell’Oceano Pacifico, grande tre volte la Francia.
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