Oggi vi parliamo di Iqbal Masih, un bambino pakistano divenuto in tutto il mondo simbolo della lotta contro lo sfruttamento minorile.
Nacque il 1° gennaio del 1983 a Muridke, in Pakistan da una famiglia molto povera.
All’età di quattro anni il padre lo vendette a un fabbricante di tappeti per pagare un debito e da allora iniziò la sua schiavitù, come quella di tanti bambini pakistani: lavorava con uno stipendio misero per dodici ore al giorno, intrecciando fili per fabbricare i tappeti con mani piccole e veloci, mangiando pochissimo e subendo molte punizioni.
All’età di nove anni, nel 1992, riuscì a scappare per partecipare a una manifestazione che parlava di diritti e di sfruttamento; Iqbal decise di raccontare con coraggio la sua storia che fu pubblicata sui giornali.
Tornato dal suo padrone, si rifiutò di lavorare e così fu punito e picchiato e con la sua famiglia fu costretto a lasciare il villaggio per le minacce.
Iqbal continuò a denunciare lo sfruttamento davanti ai giornali e alle tv con coraggio.
Il 16 aprile 1995, mentre stava giocando con i suoi cugini, fu colpito da spari che lo uccisero.
Ancora oggi non è chiaro chi abbia ucciso Iqbal perché per paura le testimonianze furono discordanti. È certo però che si sia trattato di una vendetta della cosiddetta “mafia dei tappeti”.
In memoria di questo ragazzo coraggioso molte scuole e parchi italiani hanno preso il suo nome ed è stato girato anche un film che noi abbiamo visto in classe.
Ecco una delle sue frasi più importanti:
“Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro, unici strumenti di lavoro di un bambino che dovrebbe tenere in mano sono penne e matite.”
A cura di Safaa, Mia, Elmedin, Suada, Saad e Matteo (Gruppo Attività Alternativa)
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