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NEL PAESE DI AXOLD (racconto fantasy)

11 Apr 2025




Nel mondo ci sono moltissimi bambini, questo è certo.

Ma esistono bambini come Gianfrullo Sperindio? Questo non è certo. Gianfrullo era un
bambino un po’ particolare. Perché? Non perché avesse qualcosa che lo
contraddistinguesse, che lo rendesse unico. Perché in un certo senso tutti
abbiamo qualcosa che ci rende unici. Gianfrullo Sperindio era ‘particolare’
perché non era come i suoi compagni di classe: non era confusionario e
irrequieto. Era più tranquillo e solitario. Forse è proprio questa la cosa che
lo rendeva ‘unico’…

 

Era un
venerdì tranquillo e Gianfrullo stava uscendo da scuola.

Aveva quasi undici
anni, era di media statura, aveva i capelli castani e gli occhi dello stesso
colore. Adorava le ciambelle che gli preparava la nonna, e quel giorno era
venuta proprio lei a prenderlo a scuola.

Arrivato a
casa della nonna, decise di andare in soffitta perché è un posto un po’
particolare: non sai mai cosa potresti trovare, c’è sempre qualcosa che non hai
ancora visto.

Gianfrullo
esplorò un po ’la soffitta: era vecchia e polverosa, con ovunque scatoloni e
vecchi oggetti come candelabri o gong. A un certo punto vide un passaggio
nascosto dietro degli scatoloni che non aveva notato. Si fece coraggio ed
entrò. Il passaggio era stretto e terminava con… una porticina d’oro!
Gianfrullo aveva il cuore in gola, ma decise comunque di entrare. Appena entrò,
una forte luce dorata lo investì in pieno, accecandolo. Stava
procedendo a tentoni, quando improvvisamente cadde. Cadde? Sì, cadde verso il
basso, in una specie di enorme cascata dorata.

 

Quando la
cascata finì, scaraventando Gianfrullo al suolo, egli si guardò intorno. Era
finito in un ambiente vulcanico: il terreno era nero come la pece, sullo sfondo
del paesaggio si vedevano dei vulcani spenti simili a enormi budini neri.  La cascata e la porticina d’oro erano sparite e
Gianfrullo non sapeva né dove fosse, né come potesse tornare a casa. Decise di
esplorare la zona per trovare un modo per tornare indietro. A un certo punto
trovò una caverna, spaziosa e accogliente, e decise di entrarci. Purtroppo la
caverna era abitata: Gianfrullo ci trovò un serpente abbastanza strano. Era
rosso, aveva un corno sulla testa e la coda terminava con un sonaglio (come un
serpente a sonagli). Inoltre aveva un collare verde intorno al collo (come un
cobra). Con grande sorpresa di Gianfrullo, il serpente parlò: “Chi sei?”
chiese. Gianfrullo aveva molta paura, ma rispose: “Io mi chiamo Gianfrullo
Sperindio. Sapresti per caso dirmi dove sono?”. “Che domande!” rispose il
serpente “Ti trovi nel paese di Axold, nella regione di Alkador. E tu da dove
vieni?”. Gianfrullo ci pensò un po’ e poi rispose: “Beh, io vengo dall’Italia,
dalla regione Toscana. Non so quanto sia lontana da qui e vorrei tornare a
casa… E tu come ti chiami?”. Il serpente rispose subito: “Io mi chiamo Oridon”,
poi squadrò Gianfrullo da capo a piedi e lo guardò con la faccia (di serpente,
però!) di uno che sta pensando intensamente, poi sibilò: “Forse ti posso
aiutare. Scendi qua sotto.” Detto questo, premette con la coda una grossa
pietra, che si spostò lentamente di lato, rivelando una scaletta di pietra che
scendeva sottoterra.

 Gianfrullo scese e la scaletta lo portò in una
stanza sotterranea scavata nella pietra. In fondo alla stanza trovò un baule di
legno e decise di aprirlo. All’interno c’era una chiave d’argento molto bella.
Gianfrullo se la mise in tasca e risalì la scaletta di pietra.

Quando arrivò
in cima alla scala, il paesaggio intorno a lui era cambiato. Non c’erano più la
caverna, Oridon e il paesaggio vulcanico, ma una fresca foresta con ovunque
erbetta profumata per terra. Gli venne incontro un ometto piuttosto piccolo con
un cappello rosso a punta. L’omino gli disse: “Ciao! Mi chiamo Sbricco e sono
uno gnomo delle erbe”. Gianfrullo gli chiese: “Sapresti dirmi dove sono?” “Ti
trovi nella Foresta Rados. Un vecchio proverbio degli gnomi dice ‘non prendere funghi, meglio l’erbetta fresca’.” Che
chiacchierone!  Gianfrullo gli chiese:
“Vuoi venire con me? Sto cercando un modo per tornare a casa”. Sbricco accettò
e quindi si misero in cammino attraverso la foresta. A un certo punto a
Gianfrullo sembrò di vedere tra gli alberi una figura. Questa uscì da dietro un albero e mostrò il suo aspetto: aveva le
sembianze di una persona ed era avvolta in un mantello nero che sembrava fatto
di seta piuttosto pregiata. In mano teneva un lungo bastone nero simile a un
tridente che però al posto della punta centrale aveva una grossa gemma verde.
Si presentò: si chiamava Xeros. Dopo aver saputo la storia di Gianfrullo decise di seguire lui e Sbricco e donò a Gianfrullo una clessidra di cristallo. Dopo aver
camminato un po’, il gruppo uscì da Rados. Era sera e decisero di
accamparsi. Stavolta il paesaggio era simile a quello di una prateria e con il
buio l’erba sembrava quasi azzurra. Sbricco distribuì a tutti delle ciambelle
che ricordavano a Gianfrullo quelle che gli preparava la nonna. Che strano!
Mentre tutti mangiavano, Xeros iniziò a dire: “Pare che in questo Paese sia
comparsa dal nulla una strana Nebbia che toglie la felicità a chiunque la
respiri… e non si sa come contrastarla”. Sbricco gli rispose: “Sì, sì, hai ragione, ma forse un modo
per contrastarla c’è. Esiste un edificio, nella Valle della Paura, chiamato
Torre della Tristezza, in cui abita un certo Ombarosod, e sembra che sia lui a
produrre questa Nebbia”. Era davvero un gran chiacchierone, ma sapeva un sacco
di cose! Xeros gli chiese: “Allora l’unico modo per eliminare la Nebbia sarebbe
fermare Ombarosod?” “Temo di sì, Xeros, temo di sì”.

Il giorno dopo i tre si
rimisero in cammino. Improvvisamente videro qualcosa di grosso che dormiva… Era
un drago rosso con le ali verdi e con un corno in testa. Sbricco sussurrò:
“Facciamo piano, magari non si sveglia…”. E invece il drago si svegliò e disse
tranquillamente a Gianfrullo: “Ah, ciao Gianfrullo!”. Gianfrullo non ci poteva
credere: come faceva il drago a conoscerlo? In risposta, il drago iniziò a
brillare e poi si trasformò in un serpente… un serpente rosso… con un corno…
con un sonaglio alla fine della coda… con un collare verde da cobra… Era
Oridon! Oridon spiegò poi che si poteva trasformare da drago a serpente e
viceversa, ma che la sua forma originale era il drago. Sbricco e Xeros si
presentarono: “Mi chiamo Sbricco” “E io mi chiamo Xeros” . “Io sono Oridon.
Posso venire con voi?” chiese il drago. Gianfrullo disse: “Certo che puoi
venire con noi! Più

siamo, meglio è”.

Oridon pensava però che
ci fosse bisogno di fermare ciò che stava facendo Ombarosod: la vita nel Paese
di Axold non era più bella come prima da quando era arrivata la Nebbia. Decise
quindi di esporre il suo pensiero al resto del gruppo. “Credo proprio che tu
abbia ragione” disse Xeros dopo aver ascoltato ciò che pensava Oridon;
“Dobbiamo anche aiutare Gianfrullo a tornare a casa” disse invece Sbricco.
Gianfrullo però disse: “Sarò contento di aiutarvi, al mio problema penseremo
dopo”. Oridon disse solennemente: “E per raggiungere più velocemente la Torre
della tristezza, se volete, potrete cavalcarmi e la raggiungeremo volando!”.
Naturalmente il resto del gruppo ne fu ben felice.

Dopo poche ore di
viaggio, Oridon arrivò nella Valle della Paura. Il paesaggio era simile a un
deserto freddo di roccia. Il cielo era pieno di Nebbia, la quale oscurava le
gigantesche ‘colonne’ di roccia che formavano la Valle, facendole sembrare di
un viola pallido. Lì accanto torreggiava l’imponente Torre della Tristezza. Era
viola, come le colonne di roccia, ma più scura. Sbricco sussurrò a Gianfrullo:
“Bisogna superare tre prove prima di arrivare in cima alla Torre, e pare che
siano difficilissime!”. Gianfrullo deglutì: avrebbe preferito non saperlo. In
ogni caso, il gruppo entrò nella Torre. Appena entrati si ritrovarono in una
grande stanza vuota circolare con pareti fatte di mattoni grigi. Sbricco disse:
“Questa deve essere la stanza della prima prova”

In un punto della parete
c’era una porta di marmo chiusa a chiave decorata con decorazioni in bronzo,
stagno e argento. Appoggiate sul pavimento c’erano due chiavi: una di bronzo e
una di stagno. Sulla parete, accanto alla porta era incisa una scritta:

 USA LA CHIAVE GIUSTA PER APRIRE
QUESTA PORTA.

Gianfrullo era perplesso:
cosa doveva fare?

“Credo che si debba scegliere
una di queste due chiavi per aprire la porta, ma quale?” disse. Poi notò che i
materiali di cui erano fatte le due chiavi erano presenti sulle decorazioni
della porta, però non c’era una chiave d’argento. Improvvisamente si ricordò
della chiave d’argento che aveva trovato nella caverna di Oridon. Che fosse
quella la chiave per aprire la porta? Quindi provò a inserire la chiave nella
serratura e la porta si aprì. Dietro c’era una piattaforma in pietra. Il gruppo
ci salì sopra e la piattaforma improvvisamente si mosse verso l’alto come un
ascensore e li portò in un’altra stanza, simile alla prima: la stanza della
seconda prova. Sulla parete non c’era nessuna porta, bensì due pulsanti: uno
con disegnati dei funghi rossi, l’altro con disegnato un prato. Anche lì sulla
parete vi era incisa una scritta:

PREMI IL PULSANTE GIUSTO E POTRAI SALIRE PIU’ IN ALTO

Gianfrullo ci penso un
po’: quale poteva essere il pulsante giusto? A un tratto si ricordò del
proverbio degli gnomi che gli aveva detto Sbricco: ‘non prendere funghi, meglio l’erbetta fresca’. Quindi disse a
Sbricco: “Secondo il proverbio che tu mi hai detto il pulsante giusto dovrebbe
essere quello col prato”, ma Sbricco non era molto convinto. Nonostante tutto
Gianfrullo premette il pulsante con il prato e con grande sorpresa di tutti la
parete si aprì e dietro c’era un’altra piattaforma uguale alla  prima che portò il gruppo in una terza stanza
simile alle prime due: la stanza della terza prova. Dall’altra parte della
stanza c’era una porta di legno con la serratura in rame e al posto del buco
della serratura però c’era semplicemente un foro circolare non profondo (che
non arrivava all’altro lato della porta), largo una decina di centimetri. Anche
in questa stanza, accanto alla porta, vi era un’incisione sul muro:

PER APRIRE QUESTA PORTA DOVRAI USARE LA SABBIA

Cosa poteva voler dire?
Gianfrullo stava pensando… Come poteva aprire la porta? Oridon commentò:
“Magari bisogna inserire nel foro un oggetto particolare”. Ma quale? A
Gianfrullo tornò in mente la clessidra che gli aveva donato Xeros. Provò a
inserirla nel foro e improvvisamente la clessidra ruotò su sé stessa spingendo
con la sabbia la porta, finché non si aprì.

Anche quella volta dietro
alla porta la compagnia trovò una piattaforma in pietra che li portò in
un’ultima stanza. Essa era simile alle altre tre, circolare e con le pareti
fatte di mattoni grigi, ma era più piccola. In fondo si scorgeva una figura:
Ombarosod! Il corpo era totalmente coperto da una corazza di metallo grigio;
gli unici fori sulla corazza erano quelli per gli occhi, ma nessuno nel gruppo
riusciva a vederglieli. Le uniche parti colorate della corazza erano: quelle
che circondavano i fori per gli occhi, quelle attorno alle caviglie, quelle
attorno ai polsi, quella intorno al bacino e, infine, erano colorate le spine
di metallo che gli percorrevano la schiena, arrivando alla parte colorata
intorno al bacino. Tutte queste parti della corazza erano però colorate di un
unico colore: arancione. Accanto a lui c’era una sfera di cristallo simile a
quelle che usano gli indovini per ‘prevedere il futuro’. Era appoggiata su una
sfarzosa ara di marmo beige (‘che strano colore per il marmo’ pensò Gianfrullo)
ed era anche collegata all’esterno con un tubo viola, rilasciando Nebbia.
Ombarosod disse con voce metallica: “Siete riusciti a raggiungermi, ma non
riuscirete a fermarmi. Con la Nebbia conquisterò Axold!” “Questa sfera di
cristallo” continuò “produce la Nebbia; in essa è racchiuso il mio potere”.
Xeros puntò il bastone verso Ombarosod e… la gemma verde cominciò a brillare.
Dopodiché essa sparò un raggio verde diretto a Ombarosod, che si difese facendo
apparire dal nulla una specie di specchio rosso molto luminoso (che sembrava
fatto di luce!) che deviò il colpo di Xeros. Ma allora sapeva usare anche la
magia! Oridon provò a scagliare una fiammata, ma, come prima, Ombarosod si
difese facendo apparire uno specchio luminoso. Poi creò una nuvola gialla che avvolse
Oridon, il quale cadde a terra. Allora Xeros appoggiò dolcemente il suo bastone
su Oridon e ancora una volta la gemma verde iniziò a brillare. E poi… Oridon si
rialzò: il bastone di Xerox aveva anche poteri curativi. Sbricco lanciò a
Ombarosod due funghi viola che appena lo toccarono esplosero, ma la sua corazza
lo protesse, dopodichè Ombarosod scagliò un raggio luminoso blu scuro verso il
gruppo ma Xerox usò il suo bastone per creare una barriera protettiva verde che
li difese. Dopo di ciò Xerox sembrava piuttosto stanco.

Successivamente Ombarosod
creò delle lame luminose celesti che indirizzò 
verso Gianfrullo, il quale si abbassò appena in tempo per evitarle.
Gianfrullo in quel momento pensò: ‘Ha detto che il suo potere è racchiuso in
quella sfera di cristallo? Allora se la distruggessi potrei riuscire a
sconfiggerlo’.  Corse quindi verso la
sfera di cristallo, la prese in mano, la alzò e la lasciò cadere a terra
fragorosamente. A quel punto Ombarosod era scomparso e la torre cominciò a
tremare. Sbricco gridò: “Sta per crollare!” Allora Gianfrullo, Xeros e Sbricco
salirono su Oridon, che li portò lontano dalla torre volando.

Gianfrullo
improvvisamente cominciò a sentirsi confuso. Chiuse gli occhi e li riaprì. Era
di nuovo nella soffitta della casa di sua nonna! Era stato tutto un sogno? O
forse no? Gianfrullo non lo sapeva. Scese le scale che portavano in cucina e
vide sua nonna che stava cucinando. “Che profumo, nonna! Cosa prepari di
buono?”,  “Lavati le mani poi va’ a
tavola, per cena ti ho preparato le ciambelle.” “Gnam! Le ciambelle!”

 

Ecco cosa ci rende
‘unici’: la capacità di sorridere sempre, anche nelle situazioni avverse, e di
rendere felici gli altri.

Gianfrullo non sapeva se
aveva veramente vissuto questa avventura, ma sapeva che era stata fantastica.

Si chiede ancora: ‘Ritornerò mai nel paese di Axold per incontrare di nuovo i miei amici Sbricco, Xeros e Oridon?’. Non lo sa, ma anche se fosse stato tutto un sogno, Gianfrullo si è fatto nuovi amici ed è stato felice. Questo è l’importante.

Giovanni Panerai





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