Forse non tutti sanno che le statue che si trovano in Piazza della Signoria sono state collocate seguendo un ordine specifico e per motivi precisi.Per saperne di più siamo stati in visita in quella che può essere definita la piazza più importante di Firenze, conosciuta in tutto il mondo.
Avevamo a guidarci Carlotta dell’associazione “Amici dei musei” che, innanzitutto, ci ha spiegato la storia di Palazzo Vecchio, l’edificio più importante della piazza; attualmente è la sede del comune di Firenze mentre, al tempo della famiglia dei Medici, era il palazzo di una forma di governo detta Signoria.
Carlotta ci ha poi spiegato che avremmo dovuto osservare le statue con gli occhi degli antichi; infatti servivano ai Medici per dimostrare la loro potenza e per mettere in guardia chi aveva cattive intenzioni nei loro confronti.
Le statue che sono state realizzate, alcune in marmo e altre in bronzo, in una matematica alternanza tra i due materiali, raccontano ciascuna un mito.
Il primo monumento che abbiamo osservato è, in realtà, una fontana chiamata del Nettuno, inaugurata in occasione del matrimonio tra il granduca Francesco I de’ Medici e la granduchessa Giovanna d’Austria.
La statua del Nettuno è stata realizzata in marmo bianco di Carrara da Bartolomeo Ammannati ma, proprio per l’eccessivo biancore, ai fiorentini dell’epoca non piacque, tanto che la sopranomminarono “Biancone”.
La statua simboleggia gli importanti risultati raggiunti in mare dal granducato ed era anche il regalo di nozze del granduca alla moglie.
Nettuno guida un carro trainato da cavalli marini le cui ruote, tenute da un leone (simbolo di Firenze), rappresentano, attraverso i dodici segni zoodiacali, la vita lunga e felice che Giovanna d’Austria avrebbe vissuto se fosse rimasta a Firenze.
La seconda statua che abbiamo osservato è la copia in bronzo dell’originale di Donatello, raffigurante i personaggi biblici Giuditta e Oloferne.
Giuditta era una ragazza coraggiosa che per salvare il suo popolo dall’invasione Assira si recò, durante la notte, nella tenda di Oloferne, il generale assiro e, dopo averlo fatto ubriacare, lo decapitò.
Subito dopo ci siamo fermati davanti alla copia del famosissimo David di Michelangelo.
La bibbia racconta che intorno all’anno 1000 a.C. il popolo dei Filistei entrò in guerra con quello d’Israele guidato dal re Saul che si trovava in difficoltà perché i nemici avevano l’aiuto del gigante Golia, alto tre metri e armato di tutto punto, che ogni quaranta giorni lanciava una sfida ai campioni dell’esercitoisraeliano: un duello con lui per decidere le sorti della guerra.
L’unico che raccolse la sfida fu Davide, un giovane pastore ebreo che si offrì volontario per andare ad affrontare il gigante Golia, armato solo della sua fionda.
Riuscì a sconfiggere il nemico colpendolo con la fionda e mozzandogli il capo che portò in trionfo a Gerusalemme.
Michelangelo ha ritratto l’eroe biblico nel momento in cui si prepara ad affrontare Golia e, da sempre, questo capolavoro viene considerato l’ideale di bellezza maschile e di forza; fu collocata inizialmente in Piazza della Signoria come simbolo della Repubblica Fiorentina che vince e vigila sui nemici.
Davanti all’ingresso di palazzo Vecchio, accanto al David si trova la scultura in marmo raffigurante l’Ercole e Caco di Baccio Bandinelli.
Il gruppo scultoreo racconta una della dodici fatiche di Ercole narrate dallo scrittore latino Virgilio.
Il mito racconta che Ercole, nella sua decima fatica, si imbattè in Caco che viveva in una grotta dell’Aventino e terrorizzava tutti con i suoi furti.
Caco rubò alcuni buoi che Ercole aveva rapito al mostro Gerione e che stava portando ad Argo.
L’eroe andò alla ricerca della mandria ma Caco furbescamente aveva portato gli animali, trascinandoli per la coda, in modo che le orme indicassero la direzione opposta alla sua grotta.
Fortunatamente un bue, rispondendo al richiamo di Ercole, permise all’eroe di scoprire il rifugio di Caco e di strangolarlo.
La statua rappresenta la vittoria con la forza e l’astuzia contro il malvagio.
Sotto la loggia dei Lanzi Cosimo I de’ Medici, nel 1555, fece collocare la statua in bronzo del Perseo di Benvenuto Cellini.
L’artista ha scolpito l’eroe nel momento in cui mostra la testa decapitata della Medusa.
Perseo è un’eroe della mitologia greca, figlio di Zeus e di Danae, figlia di Acrisi, re di Argo.
Si narra che Acrisio, interrogato l’oracolo scoprì che se Danae avesse avuto un figlio, questi lo avrebbe ucciso; così, preso dal terrore, rinchiuse la figlia in una torre pensando che nessuno sarebbe potuto entrare.
Invece Zeus, innamoratosi della ragazza, si trasformò in pioggia d’oro ed entrò ottenendo l’amore della ragazza che concepì con lui un figlio, Perseo.
Acrisio lo scoprì e così rinchiuse figlia e nipote in una cassa di legno lasciata alla deriva in mare.
Con l’aiuto di Poseidone la cassa arrivò sulla riva dell’isola di Serifo governata dal tiranno Polidette.
Passarono gli anni e Polidette si innamorò di Danae che però non ricambiava il suo amore perché il suo unico pensiero era il figlio.
Polidette finse di volersi sposare con Ippodamia e chiese a Perseo di portagli in dono la testa di Medusa, una delle tre Gorgoni che al posto dei capelli aveva serpenti.
Per poter raggiungere Medusa, Perseo si procurò un paio di sandali alati per spostarsi velocemente, una sacca magica per metterci la testa di Medusa e l’elmo che rendeva invisibili.
Atena gli diede uno scudo lucido come uno specchio per guardare il riflesso di Medusa mentre Ermes gli regalò un falcetto di diamante per decapitare il mostro.
Perseo si incamminò attraverso una foresta pietrificata piena di esseri umani diventati statue per aver avuto la sfortuna di guardare in faccia Medusa.
Grazie all’elmo di Ade divenne invisibile, avanzò camminando all’indietro, guardando nello scudo e riuscì a decapitare il mostro dalla cui testa uscì il cavallo alato Pegaso.
Perseo si alzò in volo con i suoi sandali alati portandosi dietro la testa di Medusa.
Sulla via del ritorno vide incatenata ad uno scoglio una bellissima fanciulla, Andromeda, condannata ad essere divorata da un mostro marino per l’invidia di sua madre.
Il giovane la salvò e la portò in Grecia dove consegnò il regalo al re che rimase pietrificato. In seguito Perseo Andromeda e Danae andarono a vivere ad Argo.
Alla morte di Perseo, la dea Atena, per onorare la sua gloria, lo trasformò in una costellazione e vi pose affianco Andromeda.
Con questa affascinante storia si è concluso il nostro “viaggio” nel tempo in Piazza Signoria; d’ora in poi, guarderemo le statue in modo diverso, con gli occhi di Cosimo I de Medici che, dall’alto della sua statua equestre, ci ha lasciato il messaggio della potenza fiorentina!
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