La visita all’Accademia della Crusca è stata un’esperienza inaspettatamente interessante e soprattutto rara che pochi studenti, anche tra i liceali, hanno l’occasione di fare.
Spesso viene studiata sui libri come fosse un fossile… Qualcosa che appartiene al passato… Invece noi l’abbiamo vissuta dal vivo!
Il laboratorio a cui abbiamo partecipato è stato come un’immersione nel passato, nella storia della lingua che parliamo tutti i giorni.
Tutti sanno che l’Accademia della Crusca è un’istituzione nata quasi per gioco nella seconda metà del 1500 a Firenze, dove ancora oggi si trova la sua sede.
Pochi sanno però che tante delle parole che noi ragazzi usiamo tutti i giorni nel nostro “gergo” giovanile, sono entrate a far parte della lingua italiana moderna (come la parola “whatsappare”, per fare un esempio che ci interessa da vicino!) grazie alla Crusca che prende in esame parole nuove ancora prima che entrino nel vocabolario della lingua italiana.
Con la nostra classe abbiamo partecipato a un laboratorio didattico in cui ci dovevamo suddividere in gruppi di cinque alunni. Ogni gruppo doveva scegliere un soprannome e un motto legato all’immagine a noi consegnata.
Il gruppo “i Bruschetti”, il vincitore, ha scelto questo nome perché nell’immagine appariva una bruschetta immersa in un cumulo di farina.
Come motto è stato scelto “se la crusca noi leviamo l’italiano otteniamo” e si ispira al ruolo
dell’Accademia della Crusca che consisteva nel ripulire la lingua italiana dalle pedanterie per renderla pura, così come la crusca (la parte esterna del grano) viene tolta dal seme per renderlo puro. In particolare la Crusca si proponeva di conservare la bellezza del volgare fiorentino, che era la lingua italiana autentica.
Il fine della Crusca oggi giorno è di tutelare la lingua italiana, soprattutto di difenderla dalle influenze delle lingue straniere che vogliono sostituire tante parole che esistono, che abbiamo anche noi. La lingua inglese, la più diffusa e la più parlata al mondo, usa parole semplici e brevi (come nel mondo finanziario o giornalistico) che stanno sostituendo quelle italiane più complesse. Questo non vuol dire che dobbiamo sostituirle… Altrimenti la nostra lingua sarà sempre meno conosciuta!
A cura di Gaia, Gherardo e Amedeo
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