VIAGGIO NEL MISTERIOSO E AFFASCINANTE MONDO DEGLI ETRUSCHICiò che vi stiamo per raccontare è il resoconto della nostra visita alla sezione etrusca del museo archeologico di Firenze. È passato quasi un mese ma ci ricordiamo ancora l’esperienza di quella giornata così interessante.
All’ingresso ci ha accolto la statua di una creatura mitologica molto misteriosa che avevamo già notato nelle nostre precedenti visite al museo.
La nostra curiosità su questo mostro è stata soddisfatta dalla guida, Carlotta Ansaldi, soltanto a conclusione del percorso lungo la sezione etrusca del museo.
Saliti al piano superiore ci siamo fermati davanti alle ampie vetrate di un lungo corridoio per osservare le tombe etrusce a “tholos”, ricostruite dagli archeologici nel giardino sottostante.
Superato il corridoio siamo entrati in una sala dove vengono custodite variegate tipologie di vasi etruschi, appartenenti ad epoche diverse e di provenienza varia.
Alcuni di questi vasi erano speciali perché venivano utilizzati per conservare le ceneri dei defunti che poi venivano interrati.
I vasi potevano essere di vari tipi: biconici, realizzati in terracotta, conici, fatti di impasto e i vasi canopi; quest’ ultimi avevano il coperchio a forma di testa umana.
Al piano inferiore siamo entrati nella sala che ospita le urne ccnerarie etrusche.
Sono delle casse realizzate con diversi materiali come la terracotta, l’alabastro e il tufo. Alcune urne sono a forma di casetta con tetti spioventi e, grazie al loro ritrovamento, possiamo sapere come erano fatte le abitazioni degli Etruschi.
Nella sala si possono ammirare anche piccoli sarcofagi con sopra statue raffiguranti i defunti che banchettano sdraiati, portando in mano un piatto votivo con le offerte agli Dei.
All’occhio poco attento di un visitatore distratto e frettoloso potrebbe sfuggire un particolare curioso che la nostra guida ci ha fatto notare: le statue sono state scolpite nel gesto poco elegante di fare le corna.
Abbiamo scoperto che oggi, come al tempo degli Etruschi, fare le corna (con l’indice e il mignolo della mano alzati) è un gesto portafortuna che risale all’antichità e anche che l’atto scaramantico di “toccare ferro” sarebbe stato inventato dagli Etruschi, grandi commercanti di ferro che abbondava nel loro territorio. Dopo aver attraversato altre sale siamo finalmente arrivati davanti alla statua in bronzo dell’animale misterioso e fantastico che avevamo visto nell’atrio del museo: quella che stava davanti ai nostri occhi stupiti non era più la copia ma l’ originale Chimera, ritrovata, nel 1553, ad Arezzo durante la costruzione delle mura medicee, alla periferia della città e trasportata subito a Firenze a Palazzo Vecchio.
Quest’opera è così importante da essere diventata il simbolo stesso del museo archeologico.
La chimera, (in greco “chimaira”, letteramente significa capra) è un animale che non esiste in natura; si tratta infatti di un mostro della mitologica greca, con il corpo e la testa di leone, la coda a forma di serpente che morde una testa di capra posta in mezzo alla schiena.
La nostra guida ci ha spiegato che la chimera stava a guardia delle porte del mondo dei morti per decretare chi era in grado di oltrepassarlo, mentre chi aveva condotto una vita indegna e disonesta
veniva divorato.
Noi eravamo ancora presi da questa storia, che ci aveva fatto venire in mente la pesatura delle anime nell’antico Egitto, quando Carlotta ci ha sottoposto un quesito: perché la Chimera si morde da sola?
Noi non siamo stati in grado di dare una risposta a questo enigma e così Carlotta ci ha spiegato che si trattava di un restauro sbagliato; infatti quando la Chimera è stata rinvenuta era a pezzi e i restauratori antichi l’hanno risistemata come oggi noi la vediamo.
Non è più possibile smontarla e mettere la testa di serpente al posto giusto, cioè rivolta all’esterno, perché ormai anche il restauro è molto antico e ha un valore storico.
In tarda mattinata si è concluso il nostro “viaggio” nell’affascinante mondo degli Etruschi.
Abbiamo appena iniziato a conoscerli ma tante sono le curiosità da scoprire su questo misterioso popolo che è vissuto nella nostra regione.
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