La diga, costruita dal 1957 al 1960, oggi in disuso, è tristemente famosa per il disastro del 9 ottobre 1963, quando una frana del monte Toc precipitò nel bacino, facendolo traboccare e inondando il paese di Longarone, causando 1.917 vittime, tra cui 487 bambini e ragazzi sotto i 15 anni.Fatidica fu la superficialità degli studi preliminari per la realizzazione dell’opera, che non approfondirono e trascurarono alcuni elementi importanti, in parte emersi durante i test geologici, che evidenziavano la friabilità del versante del monte Toc, nome che in dialetto bellunese significa pezzo.
Pare che le cause del disastro siano da attribuire principalmente al collaudo dell’opera, che consisteva nel riempimento l’invaso ed al suo successivo parziale svuotamento, per arrivare alla quota di regime. Infatti sembrerebbe che la variazione delle pressioni esercitate dall’acqua sul già precario versante sia stato l’elemento scatenante la frana. Dalle verifiche effettuate durante il processo, emerse che le sollecitazioni cui il manufatto fu sottoposto durante tragedia furono quasi 10 volte superiori a quelle prevedibili durante il normale esercizio; una dimostrazione dell’eccellente professionalità di chi ha progettato ed eseguito l’opera della diga e della realizzazione a regola d’arte da parte dell’impresa costruttrice. Furono usati, nella progettazione, vari modelli fisici e geomeccanici realizzati nel laboratorio dell’ISMES (Istituto Sperimentale Modelli e Strutture) di Bergamo. Un modello alto 7,6 metri in scala 1:35 con 176 martinetti idraulici simulava la spinta idrostatica dell’acqua nella diga e sulle imposte. I risultati delle varie prove sui modelli hanno permesso di verificare in modo preciso la diga a vari sforzi di sollecitazione, fino alla rottura del modello.
La tragedia fu causata dall’onda provocata dalla frana, che superò il coronamento della diga (in altezza di circa 200 metri), abbattendosi nella valle del Piave, e dall’onda di riflusso che tornò verso il lago. È importante ricordare che la diga non crollò, ma riportò lesioni al coronamento nella parte superiore, (la violenza dell’acqua strappò via il ponte carrabile soprastante gli scivoli delle 16 luci sfioranti,) furono inoltre spazzate via, la passerella sospesa di servizio, la palazzina a 2 piani dei comandi centralizzati, la stazione di trasformazione, della sottostante centrale idroelettrica del Colomber, i numerosi camminamenti posti sul paramento di valle della diga, oltre che al ponte tubo posto poco a più a valle.Un’ipotesi di un disastro con conseguenze peggiori, si basa sul cedimento della diga, al momento della caduta della frana, con una quantità d’acqua doppia verso valle. La suddetta supposizione non trova fondamento, in quanto la velocità di caduta della frana (stimata in 100 km/h), ha fatto sì che la stretta valle a monte della diga venisse riempita di materiale molto velocemente, tanto da creare un nuovo sbarramento al lago posto a monte della frana. Oltre alla diga della vajont su una ringhiera vicina ci sono biglietti con su scritto pensieri per ogni persona morta nel disastro, inoltre non morirono solo persone di Longarone ma anche molti operai che a loro volta avevano famiglie. Insomma nessuno si vorrebbe ritrovare in quella situazione, attaccato con una mano ad un tubo che sta per scoppiare o durante la pausa pranzo ti vedersi arrivare una onda gigantesca che ti travolge. WOW!!!!!!
A cura di Alessandro e Paolo
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